mercoledì 26 febbraio 2014
lunedì 24 febbraio 2014
can cha abbaia
Ci sono rimasto male, ma non che mi aspettassi qualcosa di diverso, sia chiaro.
C'è un limite a tutto comunque e il povero Pippo dilaniato dal dubbio oltre a diventare succulenta materia per sindrome da crocerossina, ha messo la firma per la fine inesorabile della credibilità sulla sua area di rappresentanza. Perché ad un certo punto non fai fesso più nessuno: solo noia, come ha scritto un caro amico mio. Con questo aspetto che ammicca hey girl, sono un tipo tranquillo, mi faccio le canne ma poi alla mamma dice (e non mente) nooo, ne ho fumata una sola ma senza aspirare.
Io invece penso che per il PD l'avere simpatie per Ciavti sia un modo come un altro per raccattare qualche voto che ragionevolmente fuggirebbe altrove e il povero Pippo al gioco si presta benissimo. Anzi il sospetto è che proprio gli piaccia giocarlo.
Errata corrige: la fine della credibilità di qualcuno o di qualcosa in Italia non esiste.
Lo slogan comunque era questo: cambiare le cose cambiandole. Sapevatelo.
mercoledì 19 febbraio 2014
Scripta Manent
[...] Ma, al netto delle questioni terminologiche, capisco che il virus del politichese ha preso anche qualcuno dei miei. Nella politique politicienne il mors tua vita mea è un valore indiscutibile. Per cui, se vogliamo farci spazio dobbiamo fregare quello che sta davanti a noi. No, grazie. E' uno stile che non mi appartiene. Non è cosa per noi. Io mi ostino a credere che i tempi siano cambiati. Sarà una mia beata ingenuità, ma credo che essere leali non soltanto sia eticamente giusto. Ma sia anche conveniente. Non è solo per amicizia personale verso Enrico Letta che mai accetterei di fare il segretario del PD per avere in mano la vita e la morte del suo governo. Ma è anche una questione di dignità. Qui in ballo non ci sono semplicemente le carriere politiche o le ambizioni -del tutto legittime, s'intende- di singoli esponenti politici. Qui in ballo c'è l'Italia, che è il mio, il nostro Paese. Fare il tifo per l'Italia impone oggi di fare il tifo per Letta. Colgo al volo l'occasione della pausa caffè con tre o quattro dei miei ragazzi più scettici e, mentre attraversiamo piazza della Signoria scansando i turisti, domando retoricamente: "Perchè facciamo politica, ragazzi? Per gratificare il nostro ego o per cambiare il Paese?" Bene. Noi non stiamo cercando di prendere il potere a tutti i costi per cui va bene tutto basta che ci diano l'agognata seggiola. Noi stiamo cercando di cambiare l'Italia. E se adesso il governo è nelle mani di Letta, facciamo il tifo per lui e diamogli una mano. Non so se questo comporterà di saltare un giro. Non mi interessa saltare un giro [...]
Matteo Renzi - Oltre la rottamazione, pag. 28 - Mondadori Strade Blu.
Come a dire che il tuo niente fatto di niente si colloca direttamente al centro della nostra tradizione, così ben descritta da Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Bravo Matteone / same shit, different day.
giovedì 13 febbraio 2014
vita nuova
Tra i propositi 2014: vincere la pigrizia.
Things to do tomorrow: rimozione refusi Natale, immediata.
Default: come dice a ragione il mio collega L.C.: se c'è un albero spoglio è fine-art.
lunedì 10 febbraio 2014
Rfk Funeral Train
[..] Quel giorno non dovevo lavorare, ma vivevo a Manhattan e decisi di passare in redazione. Gli uffici di Look erano su Madison Avenue, proprio alle spalle di St. Patrick, i colleghi erano tutti in silenzio, si respirava un'angoscia fortissima. Mi siedo. Bill Arthur, il direttore, mi vede e mi chiama nella sua stanza: "Paul vai a Penn Station, porteranno la bara di Kennedy a Washington. Sali su quel treno". Non aggiunse una parola, non disse cosa voleva, che tipo di foto, se aveva delle idee, nulla. Io non chiesi nulla, allora funzionava così, presi le pellicole, attraversai la strada e mi fermai per mezz'ora fuori dalla cattedrale. Poi camminai veloce fino alla stazione. Trovai subito il treno, era circondato dagli uomini del secret service. Era un convoglio speciale: non ho mai capito se fosse stato organizzato dal governo o dalla famiglia. Mostro il tesserino e salgo, un agente mi mostra un sedile dell'ottavo vagone e mi dice: "Siediti qui e non ti muovere. [..]
[..] Non sapevo cosa fare, pensavo che a Washington e poi al cimitero di Arlington avremmo trovato decine di colleghi e di telecamere ad aspettarci, avevo bisogno di un'idea subito. Ero pieno d'ansia ma mi bastò guardare fuori dal finestrino per capire: vidi la folla e tutto fu chiaro. Abbassai il finestrino, allora si poteva fare, e cominciai a scattare. Rimasi nella stessa posizione per otto ore a fotografare la gente accanto ai binari. Quella era la storia. [..]
[..] Era l'8 giugno 1968, un giorno caldissimo, un anticipo d'estate. Il viaggio durò più di otto ore attraverso cinque Stati: New York, New Jersey, Pennsylvania, Delaware e Maryland. Un milione di persone aspettavano lungo i binari. Il treno si muoveva lentissimo, si fermava spesso per dare la precedenza agli altri convogli, impiegammo quasi il triplo del tempo che si impiega normalmente. Ma era la velocità giusta per un funerale. Quel treno è stato il vero funerale, quello dell'America, è durato un'intera giornata, era fatto per il popolo. [..]
Ad occhi aperti /
Mario Calabresi intervista Paul Fusco
venerdì 7 febbraio 2014
lunedì 3 febbraio 2014
Marino dei misteri
Il finocchio -vorrei ricordare- era, prima di diventare un disgustoso insulto sessista, una verdura.
Al pari del carciofo e del sedano. L'uso che faccio di questo sostantivo è di solito misto e quindi, come in questo caso, perde la metà del suo valore discriminatorio verso chiunque. In poca sostanza l'essere finocchio è, più che un orientamento, un'attitudine.
La domanda ricorrente in casa è: caro Marino, dove viene sintetizzata questa voce da finocchio all'interno delle fatture taurine del tuo corpo?
E il sospetto: qual è esattamente il posto dove ti procuri il resto del cibo?
Nondimeno, chi te lo somministra si sarà fatto la stessa, originaria domanda?
M6 + Summaron 35 /fuji across 100