venerdì 31 ottobre 2014



Quando la genialità.

giovedì 30 ottobre 2014

Due o tre cose su antichi gettoni e moderni manganelli

Ecco, ci siamo. Era fatale che lo scontro da teorico diventasse molto pratico. Dico subito che non mi piace. In generale non mi piace veder menare nessuno, e meno di tutti i più deboli. Nel caso, lavoratori con una lettera di licenziamento in tasca, persone che sono davvero davanti al dramma, gente che probabilmente vede benissimo – meglio di me – la differenza tra il fighettismo glamour della Leopolda e le proprie vite. Una differenza dickensiana, quasi.
A questi uomini (uomini perché lavorano l’acciaio, ma anche alle donne, ovvio) si è detto di tutto in questi sei mesi di governo. Che sono vecchi, che il loro posto fisso (l’unica cosa che hanno, e la stanno perdendo) non è più un valore, anzi che sembra un peso per il Paese.
Si è citato ad esempio Sergio Marchionne (quello che cacciava gli operai con la motivazione che erano della Fiom), si è data tribuna (e applausi) a un finanziere che vive a Londra invitato a dar lezioni a chi guadagna facendosi il culo un centesimo di quel che guadagna lui. Si sono insultati i sindacati dei lavoratori, e non parlo della gag dei gettoni (non solo), ma dell’eterno, ripetuto, ossessivamente reiterato fastidio per “i corpi intermedi”, la trattativa, il dialogo. Anche oggi, questa mattina, un’esponente del nuovo Pd ha accusato la Cgil di tessere false (poi retromarcia imbarazzante, ma è tutto imbarazzante, francamente). Il Premier è andato in televisione a dire che “l’imprenditore deve poter licenziare quando vuole”. Persino la legge di stabilità che abbassa le tasse agli imprenditori (la famosa Irap), fa sconti miliardari senza chiedere alcun vincolo, alcun impegno ad assumere. Anzi, si cancella l’ultimo barlume di argine a una politica da Far West nel mondo del lavoro. Segnali. Dieci, cento, mille segnali. Fatti, non schermaglie da social network o freddure buone per twitter. O frasette di facile presa come quelle dei Baci Perugina (come dice giustamente Maurizio Landini: "slogan del cazzo"), o per scempiaggini come "Questo è il governo più di sinistra degli ultimi 30 anni" (Renzi, febbraio 2014).
Ora il problema non è più “due sinistre”, ammesso che ci sia mai stato.
Ora il problema è che per quelli in piazza oggi e per moltissimi lavoratori (non solo quelli del 25 ottobre) il Pd che sta governando, quello leopoldo e chic, quello amico di Marchionne e Davide Serra, quello che va in visita da Cameron e dice che il lavoro in Italia è ancora troppo rigido, questo governo che fa i patti con Berlusconi, applaudito da Ferrara e da Confindustria, non è più un riferimento.
Nemmeno un lontano parente. Se c’era un sottilissimo cordone ombelicale con il vecchio Pci (e successive modificazioni) non c’è più. Per sempre.
Mi dicono che la destra sta strumentalizzando, mi si segnalano (dall’interno del modernissimo Pd renziano, tra l’altro) tweet di Salvini e della Meloni. Ma… Ma quello che va detto è che oggi per uno che lavora male, pagato male, incerto sul suo futuro, spaventato, e perdipiù insultato (vecchio, conservatore, dinosauro…) le differenze tra la Meloni e Renzi, tra Salvini e Poletti, tra Verdini e la Boschi sono impalpabili, inesistenti. La politica sul lavoro è la stessa, basta vedere gli applausi di Sacconi al Jobs act. Persino lo scherno e il disprezzo verso chi lavora somiglia a quelli della destra più retriva. Operaio, fabbrica, vengono trattate come parole antiche e volgari, senza alcun rispetto (e non dico sacralità, quello era il vecchio Pci ideologico, brutto, sporco e cattivo: meglio Fanfani ci hanno detto di recente).
Ecco, ci siamo.
Il coraggio di dire: non siete più dei miei, nemmeno lontanamente viene dunque dalle cose reali, non è un vezzo (diranno: nostalgia, gettoni, anni Settanta, tutte cose che non c’entrano niente), ma un dato di fatto. Ora - a parte i soldatini zelantissimi più renzisti di Renzi - arrivano da quella parte, la parte del gover inviti alla calma, alla freddezza, ad "abbassare i toni". Potrebbe essere tardi.
Quando uno dice frasi come “chiudere senza salvare” deve sapere che c’è chi ha pochissimo da salvare, ma proprio perché pochissimo molto molto prezioso.
Lo scontro ci sarà, è inevitabile, si può solo sperare che nessuno si faccia male come oggi. Ma una cosa è certa: nessuno potrà dire all’altro “siamo dalla stessa parte”.
Perché non è vero.


Alessandro Robecchi, dal suo blog

mercoledì 29 ottobre 2014



La casa del Gallaccio - Riglione, via Fagiana.

lunedì 27 ottobre 2014


La Boschi preferisce Fanfani a Berlinguer per una questione di vicinanza territoriale.
Nemmeno il gusto di morire democristiani per credo.
Vicinanza territoriale. No, dico.




La Madia se la cava decisamente meglio: mi piacciono queste giovani, molto dinamiche.
Di mio non posso manco dire che ho perso i vent'anni a fumare le canne perchè ho scoperto tardi anche quelle e non sono durato granché neanche come drogato.

venerdì 24 ottobre 2014



Cosa postare per rendere omaggio al grandissimo presidente René Burri?
Una scelta impossibile che ho risolto malamente con questa, una delle mie preferite di sempre.
Una o tutte, del resto.
Rip.

domenica 19 ottobre 2014

venerdì 17 ottobre 2014



M6 + Elmarit 135 2.8 / Kodak TX 400

mercoledì 15 ottobre 2014


Un Paese di Paul Strand è un libro da avere, da sfogliare, da toccare.
Ma se quello che vi interessa sono gli effetti speciali, un certo tipo di fotografia "urlata" o anche solo semplicemente - per tornare a più miti consigli - la modernità della visione di un Cartier Bresson, forse il primo postulato di questa recensione è falso.
La domanda: può un americano raccontare l'Italia, e farlo con grandissima onestà ed umiltà?
La risposta, specie se come in questo caso c'è lo zampino di un personaggio della caratura di Cesare Zavattini, è si. Eccome.
Paul Strand è arrivato a Luzzara, in Emilia, nel 1953 e proprio su invito di Zavattini ( Luzzara era il suo paese natale ) per raccontare attraverso le fotografie una società che iniziava lentamente a scomparire e nello stesso momento un tempo quasi sospeso, una realtà immutabile nei secoli almeno fino ad allora, dove l'attrezzo più tecnologico dopo l'aratro era la bicicletta.
Un'istantanea pre-miracolo economico di un piccolo comune del nord a dimostrazione del fatto che forse il nostro paese era molto più uniforme nei toni e nei modi ( che nella lingua, ovviamente ) di come siamo abituati a pensare, se le fotografie di Scianna a Bagheria o di un certo Berengo Gardin ci hanno fatto intendere un sud non troppo lontano dall'Afghanistan e non troppo lontano
dal tempo dell'oggi.

Quindi cos'ha di speciale questo libro? Semplice, ha che le sue immagini sono vere.
Attenzione però: niente spunti di tipo neorealistico, niente esposizione dei fatti nudi e crudi per i fatti, al contrario vi è qui un'esasperata ricercatezza ed un'eleganza di rara ispirazione, in specialmodo in questi inceredibili ritratti di gente normale, di campagna.
Forse troppa poeticizzazione è stato detto, per trovare qualcosa che potesse avvicinarsi ad una lettura di tipo critico. Insomma, cosa volere di più?
Non possiamo inoltre non tener conto dei mezzi con cui tutto ciò è stato realizzato, roba che oggi strabuzzeremmo gli occhi al solo pensiero, una missione impossibile ed impensabile, in strada, in tempo di pace.
In due parole, la Fotografia.

E di speciale avrebbe anche il suo doppio, sul finire dei '70: Un paese, vent'anni dopo del già sopra citato Gianni Berengo Gardin, su commissione dello stesso Zavattini. Un altro libro da avere, un interessantissimo confronto di sguardi e conversione di intenti tra grandi maestri.
Ma questa è un'altra storia e da scoprire ce n'è ancora parecchio.

Scheda tecnica del libro:
Titolo: Un Paese - Portrait of an Italian Village
Autore: Paul Strand, Cesare Zavattini
Editore: Aperture
Anno di edizione: 1997 ( edizione originale italiana: f.lli Alinari - 1955 )
Prezzo di copertina: non specificato
ISBN: 0-89381-700-7

lunedì 13 ottobre 2014



Come in una via Toscoromagnola ante-litteram, smettere di fare queste inutili fotografie, iniziare a dipingere:
mamma che dici metto a frutto gli studi?

Giuseppe de Nittis - il passaggio degli Appennini, 1867.

giovedì 9 ottobre 2014



Questa è una fotografia. Anzi correggo, questa è una fotografia di Luigi Ghirri.
E' la reggia di Versailles. Ed è un'opera d'arte.

mercoledì 8 ottobre 2014









Sospendo un attimo la competizione sulla pineta di Cecina, tutto l' i/OFF in 5 manifesti.

lunedì 6 ottobre 2014



Paesaggio italiano, Cecina mare - ag 014.
M6 + Lux 35 pre / Kodak 200-8

sabato 4 ottobre 2014



La pineta, Cecina.
M6 + Lux 35 pre / Kodak 200-8

venerdì 3 ottobre 2014




Come mi va a ottobre? Ho cambiato editor di testo. Sto passando da Aquamacs Emacs a Sublime Text 2.
Lentamente, perchè insomma c'era dell'affezione ed in più la piena confidenza con una nuova interfaccia non è cosa molto semplice da raggiungere. L'editor per chi fa il mio lavoro è un amico fidato, un valoroso aiutante competente ed efficiente (molto più di me, ma ci vuole poco), una specie di mago ed in certe occasioni uno Wolf risolvitore di problemi.
Ma io (he!) ho il vantaggio che Sublime Text mi piace e sono molto ben disposto nei suoi confronti.

Fino ad ora.
Ora che ci apro un file e mi trovo davanti questo. Ecco, qualcosa mi dice che nella vita un altro qualcosa è andato storto.
Ho fatto delle valutazioni erronee e i nodi, come si sa, prima o poi vengono tutti al pettine.
Il povero Sublime: una vocina mi ripete ossessivamente che l'ambasciatore non porta la pena, ma ho il sospetto che affidarmi ai detti popolari non cambierà la situazione di una virgola, tanto quanto la gatta al lardo.

 



e le voci rompevano il silenzio e nelle pause si sentiva il mare