martedì 15 maggio 2018


mercoledì 9 maggio 2018




Chi, non disponendo dei dati divulgati dai mezzi d'informazione, vuole fare un'analisi dell'affaire Moro, non solo deve secernere il poco grano dal tanto loglio, ma deve far tabula rasa di quella specie di pregiudizio autodenigratorio (di solito, cioè, impiegato in senso autodenigratorio) che non riconosce come italiano tutto ciò che è preciso, puntule, efficiente.
Precisione, puntualità ed efficienza sono dalla generalità degli italiani considerate qualità a loro estranee o, a voler salvare qualcosa, allogene. Di un isitituto che non funziona, di un ospedale in cui si è maltrattati o in cui non c'è posto, di un treno che ritarda, di un aereo che non parte, di una lettera che non arriva, di una festa che non riesce, il suggello è sempre l'esclamazione: "cose nostre!".
Eppure, c'è almeno una cosa che funziona: ed è appunto quella che antonomasticamente è "cosa nostra". E d'accordo che non c'è da menarne vanto e che per questa "cosa nostra" che funziona si può anche elevare a grido di disperazione "cose nostre!" su quelle che non funzionano; ma tant'è che funziona e che dunque non per natura o maledizione siamo destinati all'imprecisione, all'impuntualità, all'inefficienza.

Le Brigate Rosse funzionano perfettamente ma (e il ma ci vuole) sono italiane. Sono una cosa nostra, quali che siano gli addentellati che possano avere con sette rivoluzionarie o servizi segreti di altri paesi. E non che si voglia qui avanzare il sospetto di un rapporto, se non fortuito e da individuo a individuo, con l'altra "cosa nostra" di più antica e provata efficienza: ma analogie tra le due cose ce ne sono.

Le Brigate Rosse avranno studiato ogni possibile manuale di guerriglia, ma nella loro organizzazione e nelle loro azioni c'è qualcosa che appartiene al manuale non scritto della mafia. Qualcosa di casalingo, pur nella precisione ed efficienza. Qualcosa che è riconoscibile più come trasposizione di regola mafiosa che come esecuzione di regola rivoluzionaria. Per esempio: l'azzoppamento - che è la trasposizione dello sgarrettamento del bestiame praticato dalla mafia rurale. Per esempio: il sistema per incutere omertà e sollecitare protezione o complicità; sistema in cui ha minima parte la corruzione, una certa parte la minaccia diretta, ma è quasi sempre affidato al far sapere che non c'è delazione o collaborazione di cui loro non siano informati. Il sistema, insomma, di ingenerare sfiducia nei pubblici poteri e di rendere l'invisibile presenza del mafioso (o del brigatista) più pressante e temibile di quella del visibile carabiniere.
Per esempio: la micidiale attenzione dedicata al personale di vigilanza delle carceri e che tende a stabilire, dento alle carceri, il privilegio del detenuto rivoluzionario così come vi si è da tempo stabilito il privilegio del detenuto mafioso (e non si creda che il mafioso se ne sia avvalso soltanto nel senso della comodità: molto prima che dei politici la concezione del carcere come luogo di proselitismo, di aggregazione, di scuola, è stata dei mafiosi).

E al di là di queste analogie, fino a un certo punto oggettive, nella coscienza popolare se ne è affermata un'altra: che come la mafia si fonda ed è parte di una certa gestione del potere, di un modo di gestire il potere, così le Brigate Rosse. Da ciò quella che può apparire come indifferenza: ed è invece la distaccata attenzione dello spettatore a una pièce che già conosce, che rivede in replica, che segue senza la tensione del come va a finire ed è soltanto intento a cogliere la diversità di qualche dettaglio nelle scene e nell'umore degli attori.
Ed è facile sentir dire, e specialmente in Sicilia, che questa delle Brigate Rosse è tutta una storia come quella di Giuliano : e ci si riferisce a tutte quelle acquiescenze e complicità dei pubblici poteri che i siciliani conoscevano ancor prima che diventassero risultanze (queste si, risultanze) nel famoso processo di Viterbo. Atteggiamento che si può anche disapprovare, non poggiando su dati di fatto; ma che trova giustificazione in quel distico di Trilussa che dice la gente non fidarsi più della campana poiché conosce quello che la suona.


giovedì 3 maggio 2018

 



e le voci rompevano il silenzio e nelle pause si sentiva il mare