Dell'articolo di Carlo Bonini su Rep: (a cui ho fatto l'abbonamento alla faccia di quel vergognoso gazzettino che è diventato il Fatto) del 24 settembre, condivido ogni virgola:
Il ministro dell’Interno Matteo Salvini battezza un decreto sicurezza che fa di un manifesto ideologico la “norma”. Un “venghino, signori venghino” da mercato della paura dove l’imbonitore, dopo aver trascorso quattro mesi a fare il piromane, posa ora a pompiere offrendo agli “italiani” l’estintore che — dice — spegnerà l’incendio.
Per rifilare la patacca, deve naturalmente svuotare di ogni complessità una vicenda epocale e dalle implicazioni geopolitiche continentali come i flussi migratori, vendendo un’emergenza che non c’è (gli sbarchi) per una minaccia incombente alla sicurezza nazionale che gli consenta di legiferare d’urgenza, e dunque per decreto, strozzando ogni dibattito parlamentare.
E deve soprattutto giocare, forte dell’analfabetismo e la rozzezza civile che gli sono propri, con principi fondamentali dei diritti dell’uomo (tutti gli uomini), quali la presunzione di innocenza, il diritto di asilo, la protezione umanitaria, la cittadinanza, degradandoli a “concessioni” agli uomini dalla pelle nera, come tali revocabili. Dal Principe (cioè lui, il Difensore degli Italiani) o dalla discrezionalità di un’autorità amministrativa.
Salvini deve soprattutto tacere agli italiani quello che lui per primo ha imparato in questi quattro mesi da ministro. Che nessuno manda a casa nessuno approdato sulle nostre coste – neppure Gesù Cristo – senza l’accordo dei Paesi di provenienza. E lo deve tacere perché se lo spiegasse, tutti comprenderebbero che il “decreto sicurezza” avrà sui flussi migratori lo stesso effetto del pugno battuto sul tavolo con cui il nostro Paese, da qualche mese, si copre di ridicolo in ogni vertice internazionale. La riduzione dei potenziali beneficiari del diritto di asilo, la cancellazione di fatto della protezione umanitaria, la liquidazione dell’esperienza degli Sprar ancorché scoraggiare i migranti (la disperazione che convince a fuggire dal continente africano è più forte di ogni Salvini) avranno infatti il solo effetto di moltiplicare i clandestini, nonché il numero di coloro che, da detenuti, languiranno nei centri di espulsione (già oggi sotto dimensionati e da domani ancor più diminuiti nella capienza dal raddoppio dei tempi di detenzione legittimi) in attesa di rimpatrio. E questo perché, esaurito il termine di detenzione, il raddoppiato esercito di migranti irregolari avrà come accade oggi un semplice foglio di via che non li avvierà certo a un “ritorno volontario” nei Paesi di provenienza, ma solo alla loro clandestinità.
Non è complicato scommettere che, in questa forma, il decreto difficilmente passerà l’esame del Quirinale, prima, e della Corte Costituzionale, poi, quando comincerà ad essere investita dal contenzioso che le nuove norme produrranno. Ma è ancora una volta sorprendente come a mettere la faccia su questo manifesto costituzionalmente sgangherato sia un Presidente del Consiglio che posa a fine giurista e, non più tardi di due giorni fa, ha preso cappello “indignato” per la “violazione della privacy” e dei diritti costituzionali del suo portavoce Rocco Casalino. Quando si dice gli azzeccagarbugli.