Portrait de Stefano Giannetti / Ilford FP4 plus { così gli rendo il favore }
lunedì 30 gennaio 2017
venerdì 27 gennaio 2017
Lo si può fare per smantellare, per capire, per nascondere. Lo si può fare per diritto, abitudine o perbenismo.
C’è un immenso equivoco sulla questione del giorno della Memoria che è bene sciogliere subito: il giorno della Memoria non è fatto per gli ebrei, ma per quell’Europa che albergò all’interno del proprio corpo i carnefici. È una riflessione che deve fare l’Europa. Ad esempio, la Germania all’inizio ha cercato di resistere, di negare, di fare quel discorso per cui “stavamo agli ordini, non sapevamo”. Ma quando è diventata una nazione molto prospera, si è fatta la grande domanda: “Perché abbiamo fatto questo a noi stessi?” Il giorno della Memoria ha senso se la domanda la facciamo a noi. E vale anche per gli italiani, che dovrebbero ricordarsi che il fascismo è colpevole del genocidio in Etiopia, di cui non si parla mai. Invece, i politici disinvolti della destra ex-fascista, cosa hanno detto? “Adesso facciamo i carini con gli ebrei, rifacciamoci una verginità”. Vanno ad Auschwitz, escono e dicono: “Mi sento israeliano”.
Il concetto di Israele e di ebraismo spesso vengono sovrapposti. Lei ha parlato di “israelizzazione” della Shoah che si affianca a una semplificazione di una tragedia che fu più complessa: insieme agli ebrei vennero sterminati sinti, rom, omosessuali, oppositori politici…
La persecuzione degli ebrei è stata separata da quella di tutti gli altri, per questo è diventato il giorno della falsa coscienza, per cui “noi facciamo le cose per gli ebrei”: ma nei fatti, si perseguitano i rom, si discriminano gli arabi, i nordafricani. Il governo di Israele usa la stessa logica, l’israelizzazione della Shoah per avere campo libero per le proprie politiche indecenti.
Allora io ho una proposta: che diventi il giorno delle Memorie.
Cioè di tutti i genocidi, gli stermini, a cominciare dal colonialismo, dagli armeni, ai campi della morte in Cambogia. Bisogna parlare di tutto. La memoria ha senso se è legata alla lotte per la libertà, per i diritti e la dignità di tutti. Dobbiamo combattere perché questo è il modo di fare memoria vero. Fare memoria è uno strumento per costruire il presente e il futuro. Se non si capisce questo, non si è capito niente della memoria.
Moni Ovadia intervistato da Linda Caglioni per CTRL magazine - 26 gennaio 2015
In alto: L'isola dei morti, III versione - Arnold Böcklin