giovedì 18 luglio 2013

belpaese






[...] se vuoi noleggiare gli Uffizi, basta pagare qualche migliaio di euro: Madonna l’ha fatto una domenica di giugno del 2012. Così la popstar ha potuto vedere i quadri del popolo italiano senza la noia del popolo italiano tra i piedi, e col vantaggio di noleggiare contestualmente anche la soprintendente di Firenze, Cristina Acidini, che le ha fatto da guida di lusso. Il giorno dopo, sul Corriere Fiorentino, si è letto: «Mi è parsa molto interessata soprattutto al periodo della Firenze di Lorenzo il Magnifico», ha detto Acidini, «alle opere del Botticelli, ma anche a tutte le spiegazioni che accompagnavano i dipinti dove si intersecano i miti pagani e il sacro». «Era molto attenta a tutto ciò che è filosofia e morale», ha concluso la soprintendente. Dopo gli Uffizi, attraverso il Corridoio Vasariano, Madonna è uscita nel giardino di Boboli, e ha chiesto di visitare la Galleria Palatina, prima di rientrare in hotel.
Hotel dove Madonna si è fatta cambiare la tazza del cesso, perché turbata all’idea di poggiare le natiche su uno smalto promiscuo, e soprattutto preoccupata di non lasciare reliquie incontrollate e gratuite: «Era molto attenta a tutto ciò che è filosofia e morale». Insomma: è Madonna che metabolizza gli Uffizi, privandoli della loro funzione sociale e culturale, non gli Uffizi a lasciare un segno su Madonna, che ovviamente non cambia di mezzo millimetro. [...]

[...] Ma il punto non è questo. Gli Uffizi che Madonna e Ricci noleggiano a ore appartengono oggi al popolo italiano. Che li mantiene con le proprie sudatissime tasse non perché siano "belli", ma perché sono un potentissimo strumento di educazione alla cittadinanza e di innalzamento spirituale. E questo era evidente fino a pochi anni fa. In un dibattito estivo su questi temi, un’anziana insegnante mi ha raccontato come il padre, contadino anarchico mugellano, ogni domenica mattina si mettesse il vestito della festa, caricasse la figliola sul calesse e la portasse non alla messa, ma agli Uffizi, dicendole: «Sono tuoi, e sono sacri».
Qualcosa di non molto diverso l’ha raccontato lo stesso Antonio Tabucchi, in un’altra occasione: «Mio zio mi prendeva per mano, e mi faceva camminare nel corridoio del Vasari. Questo è un luogo sacro, mi diceva, ricordatelo bene». [...]

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e le voci rompevano il silenzio e nelle pause si sentiva il mare