pregherei, se potessi, il sig. Renato Schifani di tenere chiusa la sua bocca inutile. Se fossi dio, un dio qualsiasi,
risputerei per terra il suo discorso
*Israele
Lo stato di Israele esiste da cinquant'anni e continuerà ad esistere per altri cinquecento anni. E' ricco, è potente e gode del sostegno delle grandi potenze occidentali, anche se l'Onu qualche volta lo biasima. E' una fondazione internazionale nata dalla seconda guerra mondiale e dalla cattiva coscienza del mondo, oltre che dalla passione del suo popolo, e come stato non ha nulla da temere. Ha contro di sé, ai suoi confini, un popolo povero e sbandato e un mondo arabo ricco di petrolio ma di null'altro, diviso e avaro, dilaniato da lotte intestine ma impotente di fronte ad uno stato moderno e subalterno all'occidente.
Il suo fanatismo è un'arma puntata contro se stesso assai più che contro i nemici esterni. Tuttavia lo stato di Israele, se in senso politico durerà altri cinquecento anni, non è diventato una nazione e una società come la sognava l'ebraismo mondiale ed è tristemente difficile che lo diventi. E' rimasto chiuso in sé, come una entità artificiale, cercando di reggersi ed espandersi con la forza senza crescere in senso proprio. I suoi sostenitori lo vedono come una fortezza assediata, i suoi avversari lo vedono come un usurpatore.
In entrambi i casi, è qualcosa di separato e di incompiuto.
Non ha più rapporto con le sue origini ideali e civili.
La sua fondazione non è stata e non è una salvezza dalla maledizione biblica, un risarcimento dalla persecuzione e dallo sterminio, l'approdo di una comunità libera alla propria terra d'origine: terra santa e promessa ai molti popoli che la abitano da millenni. Sembra piuttosto, per chi ama usare queste immagini e maneggiare queste idolatrie, una riproduzione di quella maledizione.
Spettava ad Israele, in ragione della sua maggior forza, trovare la strada della convivenza in quella terra, combattere il proprio fanatismo religioso non meno di quello altrui, non ridurre le proprie ragioni ad un feticcio. Forse era un'impresa impossibile per la sua classe dirigente, e chi ha provato è caduto vittima non per mano di nemici interni ma intestini.
Toccava allora alle grandi potenze intervenire per raddrizzare il corso di una storia di cui sono responsabili, ma non sono sensibili al sangue come al petrolio.
A trovar rimedio dovrebbe essere allora il mondo ebraico che è tanta parte della classe dirigente mondiale, ma è una parte che non abita lì e che non ci ha mai messo piede.
Così la Palestina sembra un luogo di inferno dantesco, con i luoghi chiamati santi che grondano sangue in una contesa infinita, con gli ebrei che mostrano il peggio di sé e con i palestinesi che da tre generazioni allevano i loro bambini senza patria in un orizzonte di guerra permanente, senza altro destino che la soggezione, l'esodo, il terrorismo e un fanatismo prima sconosciuto.
Il "processo di pace" è una bugia ormai storica che congela questo scenario e accompagna questo doppio suicidio delle parti in lotta. Che poi ciascun attore invochi il suo dio ci riporta a diecimila anni fa. Ma siccome siamo nel terzo millennio una ragione laica dovrà pur risorgere da qualche parte. Non un Mosè, per carità, e neanche un rivoluzionario.
Un Rabin qualsiasi, molto poco.
Luigi Pintor
il manifesto, 22/10/00
ma a parte che anche il sig. Dio, quando ci doveva veramente essere, era impegnato in altro...
RispondiEliminai riti non sono mai vuoti siamo noi che li riempiamo di significati, ho non li riempiamo.
RispondiEliminaStando così le cose allora questo Dio, mi sembra che sia sempre impegnato, perchè sono cambiati sonatori, ma la musica è sempre quella...o no!
RispondiEliminaCosa ha detto Schifani non saprei, però la frase "se fossi dio, un dio qualsiasi, risputerei in terra il suo discorso" mi piace moltissimo,la metterò in qualche canzone...
RispondiEliminaChiedi al Cerrai,quello grande,cosa pensa dello Schifani. Probabilmente ti direbbe che è tutta una questione di cognomi. Un po' come le questioni di pettinature.
RispondiEliminaA mio parere niente è peggio che "il dolore obbligato del Giorno della Memoria.Però"La memoria è un dovere.....mi pare che sarebbe mancare a un dovere il non trasmettere memoria di quanto abbiamo visto"Concordo con Levi.Non so se "servirà" ma ,forse aiuterà a essere consapevoli di che pasta ,tutti, siamo fatti.
RispondiEliminaBlogger!, ma maman è forse
RispondiEliminaun'intellettuale?? perchè in effetti ci mancava
..c'è un bell'articolo allegato, non so se qualcuno se n'è accorto.
RispondiEliminaSullo sputare per terra, è una pseudo cit cit cit, come direbbe qualcuno che conosco.
Ma l'originale si riferiva ad una preghiera, ed era molto attinente